Per i commercialisti le procedure di allerta per prevenire le crisi d’impresa possono essere un utile strumento, sono però necessarie alcune correzione per scongiurare effetti distorsivi.
In particolare i commercialisti consigliano fortemente un avvio graduale sia per evitare un sovraccarico di attività sui professionisti che hanno le competenze necessarie a fare questo tipo di valutazioni (stimati tra i 5mila e i 10mila), sia per consentire il diffondersi di una cultura dell’allerta che attualmente è assente. Un passaggio necessario per favorire il formarsi di casi ed esperienze e ridurre i rischi di “falsi positivi” che rischiano di avere ripercussioni importanti sulle aziende classificate erroneamente “in crisi”.
Il Consiglio nazionale dei commercialisti ieri è stato sentito in audizione presso la Commissione Giustizia della Camera che martedì 11 dovrà dare il proprio parere sullo schema di decreto legislativo sul Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza. «La valutazione tecnica dei commercialisti sulle misure di allerta – si legge nel documento presentato dal Cndcec – è sostanzialmente favorevole». In particolare i professionisti apprezzano: il loro coinvolgimento per l’individuazione degli indici di allerta, il fatto che uno dei membri del collegio nominato dall’Organismo di composizione della crisi (Ocri) sia designato avendo sentito il debitore, l’attenzione posta per contrastare i falsi segnali positivi e la possibilità riconosciuta all’impresa di sostituire ex ante gli indici individuati dal Cndcec, se ritenuti non pertinenti, con altri indici certificati idonei da un professionista indipendente.
Le parti da modificare, secondo il Cndcec, sono tre.
La prima è una riscrittura dell’articolo 13 nella parte di cui precisa le finalità degli indicatori di crisi. In particolare dove è scritto: «…appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti» chiedono di aggiungere un “non” prima di sostenibilità; e dove è scritto “delle prospettive di continuità aziendale” chiedono di farlo diventare «della mancanza di prospettive di continuità aziendale». Con questo correzioni il testo diventerebbe: «Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, … rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della non sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e della mancanza di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso …».
La seconda riguarda il rischio di falsi positivi soprattutto per le aziende che presentano il bilancio semplificato , un rischio che oltre a mettere in difficoltà imprese sane andrebbe a minare la credibilità dello strumento. Un rischio che per i commercialisti si potrebbe evitare eliminando la frase «Sono indicatori significativi, a questi fini, il rapporto tra flusso di cassa e attivo, tra patrimonio netto e passivo, tra oneri finanziari e ricavi» o, in alternativa sostituendola con la seguente: «Sono indici significativi, a questi fini, quelli che confrontano l’indebitamento finanziario con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e i mezzi propri con i mezzi terzi».
La terza modifica proposta è quella di escludere dagli alert le aziende piccole, e cioè con un fatturato inferiore ai 5 milioni, perché la maggiore incidenza delle imprese con indici anomali si ha proprio nelle imprese sotto i 5-10 milioni di euro di fatturato.
Senza limiti di fatturato la Banca d’Italia ha stimato che le società di capitali interessate dalle nuove norme sono 180mila, e le segnalazioni potrebbero arrivare ad essere 47mila, a cui vanno aggiunte quelle dei creditori pubblici qualificati, altre 15mila. Se, invece, si pone il tetto del fatturato a 5 milioni le società di capitali interessate scenderebbero a 55mila.
La proposta dei commercialisti è quindi quella di differire «di ulteriori 18 mesi, rispetto ai 18 della vacatio legis attualmente prevista, l’entrata in vigore della disciplina delle segnalazioni all’Ocri per le piccole imprese il cui fatturato non eccede i 5 milioni di euro. Contemporaneamente verrebbe differito per esse l’obbligo di istituzione del collegio sindacale di 12 mesi dalla pubblicazione del decreto».
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